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Corsa e business: le grandi maratone sono sempre un buon affare

Quando corro, semplicemente corro. In teoria nel vuoto. O viceversa, è anche possibile che io corra per raggiungere il vuoto. In quella sospensione spazio-temporale, pensieri ogni volta diversi si insinuano naturalmente nel mio cervello. E’ naturale, perché nell’animo umano non può esistere il vuoto assoluto

Non sono parole mie, ma del grande scrittore giapponese Murakami, maratoneta di vecchia data, che alla corsa ha dedicato – e dedica tuttora –  gran parte del suo tempo e un bellissimo libro che ogni runner che si rispetti dovrebbe aver letto: L’arte di correre. Al giorno d’oggi capita sempre più spesso di imbattersi in persone che praticano running e questo accade un po’ ovunque, ad ogni ora del giorno (e della notte), con il sole o con la pioggia. Insomma correre è diventato un fenomeno di massa, vengono pubblicati sempre nuovi libri per chi si è appena avvicinato alla corsa, per chi vuole migliorarsi, guide su cosa mangiare, come vestirsi, ecc. D’altronde ognuno corre per un motivo individuale e unico, ognuno si pone obiettivi, tempi, distanze, perché per ciascuno correre può avere un diverso significato più o meno profondo. Accanto a questo aspetto emotivo-esistenziale che connota la pratica della corsa come vero e proprio fenomeno collettivo fondato sul singolo individuo, se ne aggiunge uno più pragmatico e meno romantico ma decisamente importante: quello economico. Perché è bello allenarsi usciti dal lavoro, con la musica nelle orecchie, magari la sera d’inverno, ma ancor più bello è finalizzare questo “sacrificio” al compimento di una gara podistica, in mezzo a migliaia di altri corridori, con il pubblico lungo il tragitto che incita e rincuora nei momenti difficili (che puntualmente si manifestano) anche se i primi sono passati un’ora prima o di più, magari in una grande città dove si è già stati ma che non si è mai potuta vivere in quella prospettiva magica che solo la corsa può creare. Insomma, per dirla breve, le maratone “tirano” e generano un giro di affari che in alcuni casi supera le centinaia di milioni di dollari. E’ il caso delle cinque maratone più importanti del mondo e cioè Boston, Chicago, Berlino, Londra e – ça va san direNew York.

Quella della Grande Mela è senza dubbio la maratona per eccellenza, il sogno proibito o quasi di ogni runner, il coronamento di un sogno. Non a caso è, secondo dati ufficiali riportati su numerose testate registrate, prima al mondo sia per numero di partecipanti che per giro d’affari. Il numero di partecipanti è a numero chiuso (50mila) ma ogni anno le richieste superano abbondantemente il numero di 100mila. Tenendo conto che partecipare alla maratona di New York costa 350 dollari di iscrizione, che spesso gli atleti ne approfittano per una visita di qualche giorno della città, magari accompagnati da amici o familiari e che i main sponsor dell’evento sono multinazionali quali Asics o Tata Consultancy Services (uno dei maggiori players mondiali dell’information technology) non deve stupire che l’impatto economico generato superi i 400 milioni di dollari. Al secondo posto con un giro di affari prodotto di circa 280 milioni di dollari si pone la maratona di Chicago, non tanto per i premi dei vincitori (il montepremi della maratona di Dubai è circa il doppio) quanto per i 45 mila runners e per i milioni di spettatori che seguono i 42km di percorso totale – non a caso main sponsor dell’evento è Bank of America. Chiude il podio la più antica tra le grandi maratone mondiali: la maratona di Boston, attiva dal 1897, che fattura qualcosa come 190 milioni di dollari tra sponsorizzazioni, merchandising, spese dei partecipanti e spettatori. E l’Europa? Le due principali maratone europee sono la Bmw Berlin Marathon (circa 1 milione di persone assiste lungo il percorso) e la Maratona di Londra, sponsorizzata dalla multinazionale Virgin e per ciò che concerne i diritti tv, esclusiva della BBC. Generano entrambe un indotto di circa 125 milioni di euro.

Negli ultimi anni molte capitali internazionali si sono affacciate sulla scena delle maratone “globali”, attirando sponsorizzazioni e corridori di livello assoluto grazie ai ricchi premi messi in palio per i vincitori delle varie categorie. Ne è un esempio la già citata maratona di Dubai che in pochi anni è riuscita ad arrivare a generare un indotto stimato in circa 100 milioni di dollari e che, di questo passo, insidierà il primato degli attuali Big Five .
In Italia invece il giro di affari prodotto dalle grandi maratone è decisamente minore anche se si assiste a un movimento in tendenziale crescita. Si corrono circa 70 maratone all’anno, più un numero di mezze maratone e corse di 10km decisamente superiore, con un numero di iscritti in crescita esponenziale, a dimostrazione del fatto che il fenomeno è in grande espansione anche nel Bel Paese e che la strada da percorrere è quella delle grandi maratone internazionali: calcolare l’indotto che l’evento produce sul territorio, in modo da attirare ogni anno un numero di sponsor e di partecipanti maggiore. Le più importanti sono la maratona di Roma e di Milano, seguite dalla maratona di Venezia e Firenze. Se la maratona di Roma genera attualmente un fatturato complessivo stimato intorno a 35 milioni di euro (dati de Il sole 24 ore) e si pone saldamente in testa alle maratone nostrane, interessante è il caso della VeniceMarathon che cresce di anno in anno grazie anche ad eventi collaterali come la mezza maratona e corse ancora più brevi. Qui in Italia purtroppo però manca un’armonizzazione dei grandi eventi podistici, misura necessaria per garantire una crescita costante e sostenuta. Un esempio? Nel 2017 la maratona di Roma e quella di Milano si correranno lo stesso giorno.

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Non possiedo le conoscenze sportive a 360° dei miei “compagni di merende” ma mi difendo bene nel tiro alla fune e nel gioco del fazzoletto. Forse è per questo che mi hanno voluto nella creazione di questo blog, o forse, più semplicemente, quella sera erano ubriachi di birra artigianale. Ho scoperto alle ultime olimpiadi il beach volley femminile e ciò mi ha fatto riflettere, portandomi a considerare gli altri sport un contorno o poco più. Ho il Genoa nel sangue, solo che a volte ne ho troppo e finisce che mi sento male.

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