La globalizzazione del calcio ha creato dei preoccupanti effetti collaterali, uno fra tutti il cosiddetto football trafficking. Dopo il primo articolo, Football trafficking, una storia non solo calcistica, prosegue l’approfondimento sul tema.
Qui gli altri articoli:
Le dinamiche alla base del football trafficking si sviluppano secondo uno schema preciso?
La risposta è sì. E secondo gli studi condotti dal Prof. James Esson dell’Università di Loughborough, i processi migratori legati al calcio si possono riassumere nei seguenti 10 passi.
Ten steps to football trafficking:
- un intermediario si avvicina a un giovane calciatore presentandosi come talent scout e vantando contatti per provini con club professionistici europei – o anche asiatici.
- L’intermediario chiede dei soldi al calciatore per i costi che dovrà sostenere per portare il ragazzo in Europa in vista del provino.
- La famiglia del ragazzo copre questi costi spendendo una cifra di circa 3 mila euro.
- Il giovane arriva nel paese di destinazione, generalmente con un visto della durata di qualche settimana o mese (spesso il ragazzo arriva in aereo e in possesso di documenti validi e quindi raramente in condizioni estreme come accade in altri casi di immigrazione).
- All’arrivo nel nuovo paese, l’intermediario tiene per sé soldi e documenti del ragazzo con la scusa che con lui “saranno al sicuro”.
- Ha luogo il provino, oppure, come spesso accade, il provino non ha luogo perché l’intermediario ha già ottenuto il denaro che si era prefissato.A questo punto sono possibili due varianti:
- Se il provino ha in effetti luogo e va bene, al ragazzo viene proposto un contratto.
- Il ragazzo firma un contratto a condizioni sfavorevoli data la sua vulnerabilità: è giovane – parliamo in gran parte di minorenni – è lontano da casa e del nuovo paese non conosce leggi e cultura. In più, l’intermediario ha con sé i suoi documenti e il suo denaro.
- Se il provino non va bene, il ragazzo viene abbandonato a sé stesso.
- Il ragazzo, provando vergogna per la sua situazione, oppure essendo sprovvisto dei documenti e dei soldi necessari, decide di rimanere clandestinamente nel nuovo paese.
Seppure in ciascun caso esistano dinamiche personali differenti, i 10 steps to football trafficking di Esson sono coerenti con le testimonianze reperibili in Rete e, soprattutto, con quelle dei contatti da noi conosciuti di persona, come vedremo in futuri articoli. In particolare, lo schema si applica ai giovani aspiranti calciatori che dai paesi che si affacciano sul Golfo di Guinea si dirigono in Europa, ma anche in Asia, per fare carriera nel mondo del calcio.
Messi giù così, i 10 passi di Esson potrebbero far pensare a una chiara demarcazione vittime (i giovani calciatori) vs carnefici (gli intermediari o presunti tali). Non è questa, tuttavia, l’idea di Esson, né la nostra.
In primis perché, come diceva il personaggio di Giulio Andreotti in “Il divo” di Paolo Sorrentino: “La situazione è un po’ più complessa,” e ridurre a buoni contro cattivi un problema così complesso e interdisciplinare come il football trafficking sarebbe ingenuo oltre che fuorviante. In secondo luogo, perché come avremo modo di vedere, essa tende a occuparsi degli effetti e non delle cause della questione.
Proveremo a spiegarvi il perché.
credit image ® Davide Baroni – #studioWestAfricaAmazingProject
Daniele Canepa
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