maradona-mano-dios-e1587621457245

Come si può spiegare Maradona?

Diego è stato la giovinezza per milioni di persone, anche per quelli che non erano più arzilli quando lo hanno incontrato, ma che hanno riscoperto grazie a lui la bellezza di essere adolescenti per una giocata vista in televisione, per un colpo di tacco nel fango o per quel goal che proprio non si poteva segnare. Diego regalava vita attraverso la dialettica più semplice e immediata del mondo, quella del gioco.
Maradona, questo logo regalato all’infinito della vicenda umana, è fatto di lampi, di aneddoti, di punti segnati con forza nella storia collettiva e popolare di tutti noi.

E’ il 3 novembre 1985, si gioca Napoli-Juventus. Mancano pochi giorni all’esplosione del vulcano Nevado Del Ruiz in Colombia che ucciderà 23.000 persone. Il presidente del consiglio in Italia è Bettino Craxi, quello della Repubblica Francesco Cossiga. Diego concepisce, senza apparentemente alcuno sforzo matematico, una parabola impossibile che porta la sfera ad insaccarsi alle spalle di Stefano Tacconi, lasciando diversi laureati a domandarsi come sia potuto accadere questo sconvolgimento delle regole universali della geometria.
Tutt’oggi è un episodio rubricato ai confini della realtà.

Oggi, purtroppo. Il 25 Novembre 2020 sarà ricordato da molti come una data di passaggio fondamentale nel suo essere un punto segnato a forza fra un prima e un dopo, esiziale alla fine. Tutti ci ricordiamo di dove eravamo l’11 settembre 2001 o il 14 agosto 2018. Tantissimi sapranno esattamente chi hanno chiamato la sera di quel mercoledì durante la pandemia per condividere la notizia, per dire all’amico giusto che sì, è vero: è morto MARADONA.

E’ il 22 giugno 1986, si giocano allo Stadio Azteca di Città del Messico i quarti di finale della Coppa del Mondo Fifa. Diego ha già segnato la rete accarezzata con la Mano de Dios quando si appresta a scrivere di nuovo la storia. In una partita, in novanta minuti, donare alla memoria collettiva ben due momenti ineludibili per gli almanacchi di tutti i tempi, è cosa per nessuno. A nove minuti dall’inizio del secondo tempo si materializzano le regole del campetto: Maradona prende palla poco prima della metà campo Argentina, salta tutti e segna.
Semplice. Incredibile. Infinito.

Ogni passaggio della vita di Diego Armando Maradona è stato sottolineato da un’aurea quasi evangelica, quella che accompagna gli eroi del proletariato, trasportati grazie al peso delle loro gesta su di un piano iconico. L’infanzia nel barrio, le vicende di famiglia, le opportunità di un giovane fenomeno, l’occasione in Europa, la gamba rotta, le risse, Napoli, la caduta, il ritorno e poi un giro di montagne russe fino a alla fine.
Una vicenda umana, molto umana.

E’ il 21 giugno del 1994, prima giornata della fase a gironi del Mondiale U.S.A., girone D. Si gioca Argentina-Grecia, Diego è tornato dopo il periodo peggiore della sua vita da calciatore professionista. Al sessantesimo minuto, riceve palla da Fernando Redondo dopo un’azione meravigliosamente sincopata e stampa una bestemmia perfetta sotto l’incrocio alla destra di Antonios Minou, portiere ellenico. La corsa matta e disperatissima verso la telecamera è un colpo di teatro perfetto per le televisioni di tutto il mondo.
Pochi minuti dopo, neppure un’ora, l’ennesima fine di tutto.

In quest’anno di cadute e tragedie, la morte di Maradona arriva alle spalle. E’ un colpo basso, una testata nel bel mezzo di una lotta che già si sta perdendo. E’ ovvio, non cambia nulla ai fini della vita terrena di tutti noi, però giunge quando le fibre sono stanche, le forze vengono meno e proprio non ci voleva la notizia della morte del più grande calciatore di tutti i tempi, per distacco e senza discussioni.

E’ il 29 gennaio 1984, allo stadio San Memés di Bilbao va in onda la vendetta. Qualche mese prima Diego ha subito l’infortunio più grave della sua carriera: Andoni Goikoetxea ebbe l’ardire di fratturare la gamba a una divinità che già di suo stava stentando in Spagna. Le lacrime e le critiche, come se non si potesse aspettare Maradona. Invece lui aspetta, e cova odio. Arriva quindi il giorno in cui può ritrovare l’artefice di una parte del suo destino, quello che lui chiama il Criminale. Per uno del barrio, però, la cosa non si risolve a dure nelle gambe e gomiti sotto le ascelle: quando è il momento, decide di braccarlo, di suonarlo e di farsi carico della rabbia di uno stadio intero.
E a culo tutto il resto.

Da oste e organizzatore di eventi l’unica cosa che posso fare alla memoria di Diego Armando Maradona, oltre alla bottiglia di Viktorija Salvcek che sto bevendo in questo momento per lui, è quella di iniziare a pensare una meravigliosa serata Napoletana Argentina da tenersi quando sarà possibile. Pizza perfetta, asado ben cotto, Fernando per chi ne ha il coraggio e sottofondo musicale mutuato dall’esperienza di Napoli Segreta. Una meraviglia.

A pensarci bene, però, la cosa migliore da fare per celebrare Maradona è un inno alla vita: delle vicende terrene, è stato il cantore migliore di tutti. 

The following two tabs change content below.
Pierpaolo Cozzolino
Publican Kowalski. What else?
Pierpaolo Cozzolino

Ultimi post di Pierpaolo Cozzolino (vedi tutti)

Lascia un Commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>