stadio Feyenoord

Kenneth Vermeer, tradimento e tulipani

Gli occhi di tutta l’Olanda, domenica pomeriggio, erano puntati sul terreno di gioco dell'”Amsterdam ArenA” dove Ajax e Feyenoord, pronte ad affrontarsi nel corso dei novanta minuti, inseguivano obiettivi differenti: da una parte la rincorsa al primato in Eredivisie; dall’altra una sperata inversione di tendenza di risultati (che non è arrivata) e avrebbe aumentato le probabilità di ottenere un posto nella prossima Europa League. La squadra di Frank de Boer, infatti, ha rimontato lo svantaggio siglato da Toornstra con le reti di Younes e Bazoer e ha conquistato i tre punti, concedendosi addirittura il lusso di sbagliare un calcio di rigore.

E proprio a partire dal 68′, in quell’occasione, è cominciata la partita nella partita, una battaglia individuale per Kenneth Vermeer. Il portiere del Feyenoord si è personalmente riscattato parando il tiro dagli undici metri di Gudelj, seppur senza evitare la sconfitta finale, e ha dato un chiaro segnale morale al gesto ignobile quanto lugubre dei sostenitori avversari, i quali hanno fatto penzolare dalla curva un manichino nero con l’indistinguibile numero uno sulla maglia bianca. Privo di ambiguità, il fantoccio era chiaramente diretto allo stesso portiere, continuando una serie di colpi bassi che le due tifoserie si scambiano da anni a causa di una accesa rivalità fatta di risse, stadi chiusi e altre forme di isterismo.

Il fulcro della questione è il cambio di squadra, ritenuto un vero e proprio tradimento: e il passaggio di Vermeer da Amsterdam a Rotterdam è solo il pretesto da cui è scaturito il folle gesto dei tifosi dell’Ajax. Il responsabile del pupazzo è già stato arrestato, sintomo che testimonia quanto il sistema olandese sia funzionante e funzionale. Dopo aver attraversato la trafila delle giovanili, Vermeer è approdato in prima squadra e con l’Ajax ha vinto quattro campionati, tre Supercoppe nazionali e altrettante Coppe d’Olanda. Ma nel 2014 la decisione di trasferirsi al Feyenoord, una scelta vendicata dai suoi ex idolatri con largo ritardo ma efficace notorietà, da punire con la medesima efficacia e prontezza.

Tuttavia il fatto c’è stato e, anziché sedare sul nascere il disagio, gli è stato concesso pieno diritto di palesarsi. Specialmente se il precedente si è già notato qualche mese fa in Francia nei riguardi di Valbuena in un Marsiglia-Lione, sebbene siano diversi e più approfonditi i motivi di tale esposizione. Resta la vigliaccheria, l’inutilità di un atto che manifesta la marcata stupidità di una persona: che sia un gruppo o un singolo, è d’altronde opportuno capire i motivi per i quali si agisce e, al contempo, non condannare aggressivamente l’intera categoria di cui gran parte degli individui non rientra nel cerchio del misfatto. È bene, dunque, differenziare i colpevoli dagli innocenti e non inglobarli in un tutt’uno negativo. Perché in casi come questo la sola legge, e più di tanto legge non è, che muove a conclusioni simili è la banalità dell’ignoranza, da cui il calcio dovrebbe talvolta disintossicarsi, o almeno tentare. E soprattutto perché certi gesti potrebbero essere emulati da altri, in altre parti del Mondo e per molte altre ragioni. Però, in continuazione a quanto sostenuto prima, nemmeno di ragioni si tratta.

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Alessio Eremita
Inventore di finzioni, creatore e amante di polemiche, instancabile intollerante che potete leggere anche su empireodelpallone
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