C’era una volta la DDR

« Per accontentare i nostri alleati, è stata presa la decisione di aprire i posti di blocco. (…) Se sono stato informato correttamente quest’ordine diventa efficace immediatamente. »

Questa fu la risposta che si sentì dare il corrispondente ANSA da Berlino Est, l’italiano Riccardo Ehrman alla domanda su quando avrebbero avuto effetto le misure che dovevano concedere ai berlinesi dell’est di attraversare il muro e entrare a Berlino Ovest, ovviamente muniti di apposito permesso. Il ministro della propaganda della ormai pericolante DDR Gunter Schabowski aveva infatti ricevuto notizia dal governo Krenz (dopo che Honecher si era dimesso poco prima) che con apposito permesso gli abitanti di Berlino Est avrebbero potuto attraversare il muro. Ma a Schabowski non era stato comunicato un dettaglio fondamentale: quando avrebbe dovuto aver effetto tale misura? Da quel momento, da quella serata del 9 novembre 1989 il mondo non è più stato lo stesso. Per nessuno. Non solo per i tedeschi.

Sono passati 25 anni, ma sembrano più tanti, almeno a me. Ricordo quando da bambino a scuola le cartine geografiche appese in classe riportavano sulla mappa europea una nazione immensa, quasi sempre indicata di colore verde, l’URSS. Una nazione di cui non riuscivo a comprendere il nome. Tutti ne parlavano come della “Russia”, ma questo acronimo proprio non sapevo cosa potesse significare. Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. Soviet…che? E poi c’era questa nazione dal nome rassicurante: Repubblica Democratica Tedesca, abbreviata in Italia con RDT,  separata dalla sorella maggiore la Repubblica Federale Tedesca, la RFT. Nella mia ingenuità di bambino non capivo come mai si sentisse sempre parlare male di tutto ciò che stava a Est del muro. Il nome non evocava certo pensieri sinistri, l’aggettivo democratica lo consideravo sicuramente migliore che federale. Cosa è stata, più nel male che nel bene la RDT o DDR per essere più corretti, non posso certo spiegarvelo io, primo perchè non ci ho mai vissuto e secondo perchè credo che ognuno di noi, a distanza di così tanto tempo, si sia ormai fatto un’idea personale di ciò che ha rappresentato la fine del blocco comunista per l’Europa in primis e per il mondo in generale. D’altronde lo viviamo sulla nostra pelle ogni giorno.

Eppoi siamo un blog sportivo, o almeno, come sta scritto sulla prima delle nostre dodici tavole, è quello che il blog vorrebbe fare da grande. Parliamo di sport. Lo so, anche su questo argomento la DDR ha rappresentato un esempio, molto negativo, di come le discipline sportive abbiano perso la loro centralità per diventare un instrumentum regni, una leva politica per mostrare i muscoli agli occhi del mondo. Andatevi a vedere i medaglieri delle Olimpiadi a cui fino al 1988 ha partecipato la Repubblica Democratica Tedesca, sempre presente nelle prime posizioni, a fianco di colossi quali USA e URSS. “Doping di stato” lo si è chiamato, soprattutto a livello femminile, dove alcuni record dell’atletica leggera resistono ancora oggi.

E il calcio nella DDR? Sicuramente al livello di nazionale, il picco fu la vittoria col mitico gol di Sparwasser nel derby contro la Germania Ovest al Mondiale del 1974, che fu anche l’unico al quale prese parte. A livello di club le squadre della DDR non si sono certo distinte per le ripetute vittorie a livello internazionale, ma è altrettanto vero che squadre blasonate come la Juventus, il Milan e perfino il Barcellona hanno conosciuto, seppur in rare occasioni, il sapore della sconfitta contro le compagini al di là del muro.

La cosa interessante, e anche un pò malinconica, è rappresentata dal fatto che delle squadre della ex Germania Est si sono perse le tracce, mentre ad esempio negli altri ex paesi del blocco sovietico compagini come la Steaua Bucarest, La Stella rossa, Lo Spartak Mosca o il Cska vincono spesso i rispettivi campionati e partecipano con continuità a competizioni europee. In Germania le vecchie società dell’Est sono finite nell’oblio, non potendo reggere il confronto, soprattutto economico, con le compagini del vecchio blocco occidentale.

Per essere onesti c’è da dire che nella DDR il calcio non ha mai avuto vita facile, venendo preferiti dal Partito Socialista Unificato Tedesco sport che potevano dare più soddisfazioni e risalto al regime in competizioni a carattere internazionale quali le Olimpiadi. Le sovvenzioni di stato finivano principalmente ad altre discipline olimpiche e la scelta di rifondare vecchie società calcistiche sotto forma di polisportive, risultando spesso dirette emanazioni di aziende pubbliche e ministeri non aiutò certo dal punto di vista della competitività. Anche perchè essendo proprietà o emanazione di organi dell’apparato, erano spesso gestite in maniera privatistica da chi era espressione di quel potere.

Ma quali erano e che fine hanno fatto le principali e all’epoca gloriose società calcistiche? Me ne vengono in mente alcune su tutte: Magdeburgo, Dynamo Dresda e Dynamo Berlino.

Il Magdeburgo è l’unica squadra dell’ex DDR ad aver vinto una competizione continentale: la Coppa delle Coppe nel 1974, battendo in finale il Milan di Trapattoni per 2 a 0. Gli anni migliori per il team, sono quelli che vanno dal 1971 al 1975, nel corso dei quali la squadra sassone vinse, oltre alla citata Coppa delle Coppe 3 campionati nazionali, anche grazie ai goal del già citato “eroe nazionale” Jurgen Sparwasser. La sua ultima apparizione in campo internazionale risale alla stagione 1990-91 quando venne eliminata ai sedicesimi di Coppa Uefa ad opera del Bordeaux. Attualmente milita in Regionalliga Nord, la quarta divisione tedesca.

Storia più controversa ebbe la Dynamo Berlino, società calcistica della capitale sotto il diretto controllo della Stasi, per opera del ministro della sicurezza Erick Mielke. Mielke riuscì infatti, falsando diverse partite e depredando le altre squadre regionali dei loro giocatori migliori, non senza ricorrere a minacce altre intimidazioni,  a farle vincere 10 campionati di fila tra la fine degli anni ’70 e il 1988. Quest’uso privatistico del calcio fu già all’epoca motivo di scandalo e di malcontento da parte delle altre società del massimo campionato della DDR. Il miglior piazzamento a livello europeo è il raggiungimento dei quarti di finale della Coppa dei Campioni nel 1980 e nel 1984. Oggi staziona anche lei nella quarta divisione tedesca.

Sorte non migliore è toccata alla gloriosissima Dynamo Dresda, nata come squadra della “polizia del popolo” – Volkspolizei –  vincitrice di otto campionati della Germania Est e di 7 coppe nazionali, con all’attivo un quarto di finale raggiunto in Coppa dei Campioni e nelle cui fila hanno giocato campioni del calibro di Jens Jeremies, il forte attaccante Ulf Kirsten e addirittura un futuro pallone d’oro: Matthias Sammer. Oggi milita in 3.Liga, l’equivalente della nostra Lega Pro.

Altre squadre della ex Germania Est hanno conosciuto brevissimi momenti di gloria e hanno “allevato” futuri campioni quali Michael Ballack e Thomas Doll poi passati nelle ricche società dell’Ovest. Una menzione particolare riguarda l’Hansa Rostock, ultima vincitrice del campionato della DDR – Oberliga –  nel 1991 e anche ultima rappresentante dell’Est nella Bundesliga post unificazione.

Di storie, aneddoti, curiosità sul calcio oltre il muro ci sarebbe da riempire un libro, a volte un libro giallo, con morti sospette di calciatori scappati ad Ovest.

Oggi che celebriamo i 25 anni della caduta del muro ognuno è libero di trarre le sue conclusioni su un mondo post-ideologizzato, uniformato e in qualche maniera persino post-capitalistico a seguito delle varie crisi economico finanziarie degli ultimi anni, se per capitalismo intendiamo quel modello economico, politico e produttivo che nella seconda parte del XX secolo ha rappresentato l’antitesi del modello sovietico.  La DDR non era certamente un luogo idilliaco in cui vivere, era un paese dove la libertà di espressione era negata, dove il sospetto e lo spionaggio entravano nelle case di chiunque, dove la genialità e l’inventiva erano mal viste se non asservite all’apparato burocratico. Ma era anche il posto dove tante persone hanno vissuto e lottato per i loro ideali, credendo di essere dalla parte giusta del muro, sperando di creare veramente una società di eguali, dove non vi fossero differenze sociali e povertà. Anche se hanno fallito e sono state soverchiate da un terribile Stato di polizia, a loro va comunque il mio più profondo rispetto.

Il confine passa non in mezzo ai popoli, ma tra l’alto e il basso

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Non possiedo le conoscenze sportive a 360° dei miei “compagni di merende” ma mi difendo bene nel tiro alla fune e nel gioco del fazzoletto. Forse è per questo che mi hanno voluto nella creazione di questo blog, o forse, più semplicemente, quella sera erano ubriachi di birra artigianale. Ho scoperto alle ultime olimpiadi il beach volley femminile e ciò mi ha fatto riflettere, portandomi a considerare gli altri sport un contorno o poco più. Ho il Genoa nel sangue, solo che a volte ne ho troppo e finisce che mi sento male.

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