Il calcio italiano e la perestrojka – Parte IV: le notti magiche e il sovietico che sa di tricolore

Si conclude l’inchiesta su “Il calcio italiano e la perestrojka”. Quattro puntate che hanno raccontato un cambiamento epocale, lo sgretolamento del muro tra est e ovest e l’arrivo dei campioni del mondo sovietico nello sport occidentale. Il calcio italiano è stato in prima linea e non sono mancate le zone grigie. Dopo gli Europei dell’88, il caso Zavarov e l’arrivo di Alejnikov, l’ultima puntata è su Aleksej Michajličenko.
Leggi la prima puntata: Il cielo diviso
Leggi la seconda puntata: Dietro le trattative, affari italiani
Leggi la terza puntata: Dici Dinamo e spuntano scarpe da ginnastica

E’ l’anno dei mondiali italiani e la nazionale sovietica bazzica l’Italia già da febbraio per preparare il torneo, affrontando in amichevole il Torino e l’Alessandria. Le acque per ora sono calme, non si parla di mercato e si aspetta di vedere i giocatori nella competizione. Non sarà l’anno dell’URSS, dopo la finale europea di due anni prima, i sovietici escono al girone eliminatorio, sconfitti da Romania e Argentina e riuscendo a imporsi solo sui leoni d’Africa del Camerun. Dopo le notti cantate da duo Bennato – Nannini, solo la Sampdoria è sul mercato russo per Aleksej Michajličenko, mentre si prevede un passaggio “interno”, da Torino a Lecce, per Alejnikov.

Dopo la rinuncia della Juventus, le trattative dei blucerchiati per il biondo centrocampista di Kiev sono ben avviate e già a metà luglio si dà come sicuro il suo arrivo a Genova. I giornalisti sgomitano per avere gli scatti e le interviste migliori quando Michajličenko scenderà in Italia e il suo manager, l’ex arbitro Ballerini, si destreggia bene nella distribuzione delle esclusive (non mancando d’innervosire la dirigenza doriana).

Mantovani ha messo sul piatto una bella somma, sei miliardi e mezzo di lire, buoni per oliare tutti i punti del complicato meccano. Ma sul più bello la direzione centrale di tutte le Dinamo blocca il transfer del giocatore. Anni prima, in clima di perestrojka, avevano annunciato la totale indipendenza dei club a trattare con l’estero la cessione dei giocatori. Il club di Kiev aveva rivendicato questa autonomia e si era rivolta per la conduzione della trattativa alla Telemundi di Ballerini, invece che alla Dimod. La Dinamo centrale si era dichiarata offesissima, ma probabilmente i problemi erano sulla divisione della somma. Nulla di inaffrontabile e alla fine l’accordo arriva: dei sei miliardi e mezzo, 40% va alla Dinamo Kiev, 40% alla Federazione sovietica e il restante 20% allo Stato in forma di tasse.

Michajličenko arriva alla Samp. E’ il primo giocatore sovietico acquistato da una società italiana a titolo definitivo e non in leasing come Zavarov e Alejnikov. I blucerchiati sono proprietari del suo cartellino per tre anni. Anche l’ingaggio è pagato in modo diverso. Zavarov tutti i mesi si recava al consolato sovietico di Genova perché la Juventus aveva versato alla Dinamo Kiev una somma che comprendeva anche la remunerazione del giocatore. Dai bianconeri riceveva solo i premi partita e alcuni benefit. Michajličenko, invece, firma direttamente un contratto con la Samp da cui riceve lo stipendio, pagando le tasse in Italia. Al suo ritorno in patria verserà un’imposta sui risparmi che porterà a casa. Per la Sampdoria è l’anno buono e con l’innesto del biondo centrocampista inizia una cavalcata trionfale che la porterà al suo primo e unico scudetto. Ma l’esperienza italiana di Michajličenko durerà solo il tempo di una stagione e l’anno successivo è già alla volta della Scozia, destinazione Rangers.

Intanto nel gennaio ’92 l’Unione Sovietica si scioglie, così la sua nazionale di calcio. Il tempo per l’esperienza deludente della nazionale CSI agli Europei (la squadra esce al girone eliminatorio dopo due pareggi e una sconfitta). Poi ogni giocatore prende la via calcistica della propria indipendenza. Per Zavarov e Michajličenko sarà la nazionale Ucraina, per Alejnikov sarà quella Bielorussa. Ma questa è un altra storia.
Per la cronaca, la partita amichevole da cui è nata questa lunga inchiesta, quella tra Sampdoria e URSS, finì 1 a 1. Reti proprio di Michajličenko e del difensore blucerchiato che allora veniva definito lo Zar, Pietro Vierchowood.
Una curiosa coincidenza.

Autografo di Mikhailichenko – Per gentile concessione di Francesca Delucchi

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Simone Tallone
“Come tutti i bambini, avrei voluto essere un calciatore. Giocavo benissimo, ero un fenomeno, ma soltanto di notte, mentre dormivo: durante il giorno ero il peggior scarpone che sia comparso nei campetti del mio paese. Sono passati gli anni, e col tempo ho finito per assumere la mia identità: non sono altro che un mendicante di buon calcio. Vado per il mondo col cappello in mano, e negli stadi supplico: «Una bella giocata, per l’amor di Dio».” – Ahimè, fossero parole mie! Eduardo Galeano parla per me!

3 commenti

  1. Roberto

    Bellissimo l’articolo!
    Però, se mi permettete di fare il pignolo, le traslitterazioni dei nomi sarebbero in realtà Aleksej Michajličenko e Alejnikov

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