Ribelli, sociali e romantici!

Qualche mese fa passavo distrattamente davanti alla mia libreria di fiducia. Il libraio amico stava fumando una sigaretta sulla porta, mi vede, mi saluta e fa: «Se entri ho un libro che potrebbe interessarti». Che fare? Nemmeno da dire: entrare e scoprire di che si tratta. “Ribelli, Sociali e Romantici” di Nicolò Rondinelli era il libro che mi veniva proposto e racconta la storia, tra calcio e resistenza, del FC St. Pauli. Lo acquistai senza nessun dubbio e senza sapere che da lì a pochi mesi l’autore sarebbe venuto a Genova a presentare il suo nuovo lavoro in occasione di Cartellino Rosso al Razzismo (sabato 27 giugno, h 18 – Campo Morgavi). Insomma non mi rimaneva che cercare un contatto, chiamarlo e farmi raccontare un po’ di storie futbologiche e non solo. Cosa che è avvenuta con mio grande entusiasmo e grazie a quella disponibilità che hanno solo gli umili, come nel caso dell’autore.

Quando hai iniziato ad avvicinarti al St. Pauli?

«La prima volta che sentii parlare del club fu nel lontano 1995. Da appassionato di calcio italiano ed europeo e consultatore quotidiano di televideo – (noi ci chiamiamo Pagina2cento mica per caso!) – notai l’esistenza di una squadra con quel nome tra le compagini calcistiche della Bundesliga di quella stagione. Ancora non sapevo nulla della sua storia. Successivamente il punk assieme al calcio divenne uno dei capisaldi del mio percorso esistenziale. Nel 2001, leggendo una fanzine autoprodotta che trattava di musica e controcultura punk hardcore, mi imbattei in un articolo su calcio, stadio e razzismo in cui si parlava dei tifosi del St. Pauli come i primi a bandire ufficialmente i razzisti e i neonazisti dagli spalti. Nel frattempo ai concerti, ai cortei, iniziai a notare adesivi, maglie e felpe con il famigerato “Jolly Roger” e la scritta “St. Pauli”. Da lì mi sono appassionato alla squadra tedesca e alla sua storia culturale studiandola anche all’università».

Infatti non hai solo scritto questo libro, ma anche la tua tesi di laurea parla del FC St.Pauli?

«La tesi di laurea magistrale in Pedagogia, “Calcio totale tra cultura e resistenza”, nasce da una serie di riflessioni relative al calcio inteso come sistema multidimensionale e strumento di lettura della realtà socio-culturale e politica di riferimento. Il St. Pauli rappresenta a mio avviso un simbolo di “cultura” solidale e antirazzista e di “resistenza” alle dinamiche del calcio business, soprattutto grazie all’azione attiva dei suoi tifosi. Quello che ho cercato di dimostrare con la tesi, prima, e con il libro poi, è il carattere di intreccio tra club, tifoseria e comunità del quartiere, unite dal filo sottile della storia ribelle e solidale di St. Pauli. Al di là del semplice mito diffuso di “squadra di sinistra” e legittimando il calcio come strumento potenziale di cambiamento positivo della società».

E come nasce invece il fenomeno St. Pauli?

«All’inizio degli anni Ottanta numerose case della Hafenstrasse, il viale che costeggia le banchine del porto amburghese nel quartiere St. Pauli, erano abitate prevalentemente da operai portuali, che a causa della forte recessione economica ed eccesso di forza lavoro furono costretti a trasferirsi altrove lasciando vuoti gli appartamenti. Gli edifici iniziarono ad essere occupati da collettivi di artisti, punk, autonomen e studenti, dando vita a una nuova scena politica e sociale e rivendicando spazi di espressione in opposizione alla cultura dominante del periodo. L’intreccio con la dimensione calcistica del club del quartiere risulta in realtà casuale all’inizio, molti di loro infatti iniziano a seguire la squadra per divertirsi e creare un diversivo ozioso rispetto alle attività politiche canoniche. Solo successivamente il tifo prenderà anche una piega politica. Infatti molti tifosi dell’Amburgo iniziano a tifare St.Pauli, abbandonando la squadra più blasonata della città avente tifoseria spiccatamente di destra (nel corso degli anni il FC St. Pauli arriverà ad avere circa 11 milioni di tifosi nel mondo proprio per i suoi valori socio-culturali, ancor prima dei risultati ottenuti sul campo). Alla fine degli anni ’80, poi, nasce “Millerntor roar!”, fanzine nata per costruire una nuova cultura del calcio, che nel 1990 viene ospitata dal Fanladen, cuore pulsante del tifo sanktpauliano. Millerntor Roar è un po’ il continuum tra la controcultura punk, fondamentale nella formazione della “nuova” scena del tifo a St. Pauli nella metà degli anni Ottanta, e l’esigenza di rendere visibile l’azione politica dei tifosi. Millerntor Road è la prima fanzine nella scena del tifo calcistico tedesco a prendere posizione su alcune questioni che all’epoca erano all’ordine del giorno, come il razzismo tra gli spalti e la repressione poliziesca. Il Fanladen fu la naturale conseguenza della creazione di una nuova cultura del tifo fondata su valori solidali, di antirazzismo e aggregazione positiva. Nato come punto di riferimento per l’organizzazione delle trasferte dei tifosi con la vendita dei biglietti delle partite e dei relativi viaggi, diventerà negli anni il promotore culturale e politico dei fans sanktpauliani, nonché apparato sociale con i suoi progetti attivi per le strade del quartiere in un’accezione inclusiva».

Se ti dico Sankt Pauli quali sono le prime 5 parole che ti vengono in mente?

«Beh ce ne sarebbero molte ma le prime sono strettamente collegate tra loro: antirazzismo e antifascismo sono le prime due. Non solamente idealizzati ed espressivi, ma vissuti e messi in pratica quotidianamente. Non solo allo stadio ma soprattutto nella vita di quartiere. Non solo da gente comune ma, ad esempio, anche dai dirigenti della squadra stessa. Poi direi partecipazione, perchè il partecipare attivamente alla “vita” del quartiere, del club, della società è una cosa davvero esclusiva di St. Pauli. Sembra di stare in una grande famiglia (quarta parola), più che in una qualsiasi città europea e il clima che si respira è strano e allo stesso tempo meraviglioso. Questo quartiere diventa quindi uno spazio dove sperimentare tutti i valori e gli ideali prima elencati, uno spazio di grande socialità collettiva (quinta parola). Tutto questo è assolutamente esclusivo non solo da un punto di vista di vita cittadina, ma anche da un punto di vista sportivo: nessuna squadra al mondo ha una comunità così fortemente legata anche fuori dal contesto sportivo. Ed è una cosa da vivere in prima persona».

Appunto, puoi raccontarci un aneddoto che non hai riportato nel libro?

«La prima volta che sono andato ad Amburgo, ero con la mia fidanzata. Andiamo al Jolly Roger e ci sediamo in un tavolino un pò in disparte. Tempo di ordinare due birre e…iniziano a sedersi con noi vari ragazzi e ragazze. Qualche parola, si fa conoscenza, ci si confronta. Insomma sono passate alcune ore e avevamo conosciuto 10/12 persone che volevano solo farci sentire parte di questo grande movimento che è St. Pauli. In tutta la sua essenza. Ho provato a chiedere dove potevo reperire i biglietti e un ragazzo me ne ha procurati un paio per la partita successiva. Questo è il cuore di St.Pauli: partecipare insieme ad un grande progetto socio-politico-culturale in tutte le sue espressioni».

Nicolò Rondinelli, “RIBELLI, SOCIALI, ROMANTICI!”, Bepress, 2015. Lo trovate anche qui.

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Francesco Salvi
Da 35 anni appassionato di gesta sportive a 360°, fin da bambino ho praticato diversi sport, ma con scarsi risultati: calcio a livello agonistico, tennis, sci e l’odiatissimo nuoto. Il mio sangue è al 50% genovese, al 10% marchigiano e al 40% sampdoriano. Ho un debole per il divano di casa mia dal quale seguo indifferentemente qualsiasi competizione sportiva venga trasmessa in tv. Anche perché dal divano: “questo lo facevo anch’ io”. Sportivamente vorrei possedere: l’eleganza di Federer, la follia geniale di Maradona, il fisico di Parisse, la potenza di Tomba, l’agilità di Pantani, il romanticismo di Baggio e la classe di Mancini. Ma è impossibile, quindi rimango seduto.
Francesco Salvi

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