All Blacks

La Haka: una danza di sopravvivenza e pace

Nuova Zelanda, 1820

Sto scappando, sono braccato dai nemici, i Ngati Tuwharetoa, che mi inseguono in questa fitta foresta. Devo correre svelto senza voltarmi, per non perdere il vantaggio che ho su di loro. Devo raggiungere prima possibile il villaggio di capo Te Wharerangi con la speranza che mi possa aiutare. Io sono Te Rauparaha, capo maori della tribù Ngati Toa, figlio di Werawera, sono sciamano e guerriero, fideista e trascinatore. Ma ora sto scappando per salvare la mia vita da morte sicura. Corro sempre più veloce nel fitto della foresta. Le mie gambe muscolose e ben tornite schivano rami e arbusti che si protendono sul sentiero e che sembrano milioni di mani che vogliono placcare la mia corsa. Cambio passo e direzione continuamente per non dare punti di riferimento ai miei nemici. Sembro proprio un rugbista che cerca di arrivare in meta. La vegetazione si dirada lasciando spazio ad una radura verdeggiante. Finalmente vedo i fuochi e le capanne del villaggio di capo Te Wharerangi. Lo raggiungo a grandi falcate e lui, vedendomi arrivare, chiede subito che cosa sia successo e di cosa abbia bisogno. Gli dico che mi deve nascondere, mi deve salvare la vita: a breve arriveranno i miei nemici e vorranno il mio corpo per uccidermi. Sembra titubante ma poi accetta e mi dice di calarmi nel pozzo kumara. Mi assicura che avrebbe fatto sedere la moglie sul bordo del pozzo e che nessuno avrebbe controllato quel buco pieno di patate dolci (kumara appunto, tenute nei pozzi all’asciutto). Nessun uomo si sarebbe messo in una posizione al di sotto degli organi genitali femminili.

Presso i maori è considerata posizione sconveniente e si pensa che gli organi genitali femminili abbiano la capacità di scacciare i sortilegi avendo un potere magico.

Il pozzo è molto stretto, quasi non respiro. Cerco di scomparire nel buio mentre sento le urla di guerra dei Ngati Tuwharetoa che stanno arrivando al villaggio di Te Wharerangi. Sono inferociti, hanno gli occhi iniettati di sangue, vogliono la mia testa e io sento che oramai è giunta la mia fine. Con un ultimo filo di voce sussurro “Ka Mate, Ka Mate” (“Io muoio, io muoio”), mentre Te Wharerangi spiega ai maori nemici di avermi visto scappare verso Rangipo. Allora chiudo gli occhi e penso “Ka Ora, Ka Ora” (“Io vivo, io vivo”). Tauteka, il capo degli inseguitori è dubbioso, vuole controllare meglio. La mia testa torna a pensare “Ka Mate, Ka Mate” ma questa volta sarà per davvero. Il capo Te Wharerangi dissuade i miei nemici in tutti modi, ripete di avermi visto scappare velocemente. Lo ripete a Tauteka più volte e loro, convinti dall’abilità e dalla freddezza del capo maori se ne vanno. Forse sono salvo, forse ce l’ho fatta “ka ora, ka ora! Tenei te tangata puhuruhuru nana nei i tiki mai whakawhiti te ra”, sussurro a labbra quasi socchiuse (Io vivo! Io vivo! Questo è l’uomo peloso che ha persuaso il Sole e l’ha convinto a splendere di nuovo!). Cerco di risalire i gradini (Upane) nel buio profondo del pozzo. Uno alla volta senza inciampare senza ricadere nella tenebra ma ritornando a vedere nuovamente splendere il sole (Whiti te ra).

Si narra che capo Te Rauparaha una volta uscito dal pozzo abbia danzato in onore di Te Wharerangi la haka che aveva composto mentre era nascosto nell’oscurità del kumara. La danza è un elemento del tutto, coinvolge totalmente il corpo, mani, petto, cosce, fianchi e i piedi si muovono sincronizzati. Gli occhi si dilatano (Pukana) e la Whetero (linguaccia) viene fatta in segno di sfida (solo ad altri uomini). Ecco da dove nasce la celebre Haka che gli All Blacks danzano prima di ogni partita: da un pozzo nero e dalla lotta per la sopravvivenza.

Lo stesso Te Rauparaha, nel 1840, fu uno dei 40 capi Maori che stipularono con la corona inglese il trattato di Waitangi in base al quale la Nuova Zelanda divenne colonia inglese. Nella sua stesura originale il Trattato proteggeva notevolmente gli interessi e le proprietà dei Maori, ma le violazioni (proseguite fino agli anni 1990) furono tali e tante che i Maori persero gradualmente quasi tutte le loro proprietà e moltissimi dei diritti loro riconosciuti. Nel quinquennio successivo alla firma, la resistenza maori produsse azioni di guerriglia soffocate brutalmente nel sangue da Sir George Grey, governatore delle terre neozelandesi per conto della regina. Il governo neozelandese, per volontà del premier John Key, ha concesso a otto tribù maori nel 2010, un risarcimento di 157 milioni di dollari. Inoltre lo stesso premier ha riconosciuto completamente le violazione del trattato di Waitangi determinando anche un indennizzo territoriale. Soldi e terre che oggi, per il ministro degli Affari maori Pita Sharples significano un passo avanti di straordinaria importanza. Forse, a rivedere il sole che splende, come intona la haka.

Ancora oggi, prima di ogni partita, gli All Blacks intonano la Haka. Gli spettatori assistono in silenzio a questo rituale sacro della cultura maori: il giocatore più anziano di sangue Maori, non il capitano, guida la danza; la squadra risponde in coro. Il vate della cultura maori Derek Lardelli, nega che nel gesto ci sia una carica di violenza e scrive “è liberazione degli influssi negativi, energia, voglia di sopravvivere e di lottare per la vita”.

Questo il testo:

Ka mate! Ka mate! Ka Ora! Ka Ora!                              Io muoio! Io muoio! Io vivo! Io vivo!
Ka mate! Ka mate! Ka Ora! Ka Ora!                              Io muoio! Io muoio! Io vivo! Io vivo!
Tenei te tangata puhuruhuru                                        Questo è l’uomo peloso
Nana nei i tiki mai                                                              Che ha persuaso il Sole
Whakawhiti te ra                                                                E l’ha convinto a splendere di nuovo
A upane! A upane!                                                            Un passo in su! Un altro passo in su!
A upane kaupane whiti te ra!                                       Un passo in su, un altro… il Sole splende!

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Francesco Salvi
Da 35 anni appassionato di gesta sportive a 360°, fin da bambino ho praticato diversi sport, ma con scarsi risultati: calcio a livello agonistico, tennis, sci e l’odiatissimo nuoto. Il mio sangue è al 50% genovese, al 10% marchigiano e al 40% sampdoriano. Ho un debole per il divano di casa mia dal quale seguo indifferentemente qualsiasi competizione sportiva venga trasmessa in tv. Anche perché dal divano: “questo lo facevo anch’ io”. Sportivamente vorrei possedere: l’eleganza di Federer, la follia geniale di Maradona, il fisico di Parisse, la potenza di Tomba, l’agilità di Pantani, il romanticismo di Baggio e la classe di Mancini. Ma è impossibile, quindi rimango seduto.
Francesco Salvi

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