1982 – Parte I: Sogno di una notte di mezza estate

A poco meno di un mese dall’inizio del Mondiale in Brasile, inizia l’avvicinamento di pagina2cento al massimo torneo calcistico. Senza una scadenza fissa, e senza alcuna cronologia, autori diversi presenteranno alcuni Momenti Mondiali.
Oggi iniziamo con la prima puntata: l’82
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Leggi la seconda parte: 1982 – Una lettera, due pipe, tre stelle e tre gol


Riscaldamento

L’estate del 1982 fu un’estate dai due volti, un periodo dove tragedia e commedia si sono fuse alla perfezione, dove la realtà ha lasciato, molte volte, lo spazio ai sogni. Il 14 giugno finisce la guerra delle Falkland o Malvinas: la battaglia, in senso calcistico proseguirà fino al 1986, quando Maradona decide di chiudere definitivamente i conti: di mano e con il gol del secolo. Altro calcio, altra storia. Inizia la vendita al dettaglio del Commodore 64 e, nell’agosto, vengono prodotti i primi Compact Disc. Altra musica, altre storie. L’evento sportivo dell’estate fu sicuramente la Coppa del Mondo di calcio, il Mundial di Spagna ’82: fu una roba grossa, soprattutto per come si concluse.

Il Tango sarebbe rotolato dal 13 giugno all’11 luglio sull’erba degli stadi più importanti della Spagna, preso a calci dai giocatori più forti del pianeta. Gli stadi spagnoli sono il trionfo del romanticismo, soprattutto per i loro nomi: Sarrià (oggi demolito e rimpiazzato da un centro commerciale; è come aver demolito l’Operà di Parigi), San Mames, Camp Nou, El Molinon, Riazor, La Rosaleda, La Romareda, Balaidos e Benito Villamarin, tralasciando il tempio del calcio, il Santiago Bernabeu (e altri 7 stadi, ma sarebbe venuto un elenco infinito di nomi). Sanno di Spagna, di sole e colori. Leggendoli sembra di cantare una canzone di Julio Iglesias o leggere una poesia di Pablo Neruda. La formula del torneo è molto semplice, prima fase a gruppi di 4 passano le prime 2; seconda fase a gruppi di 3, passa la prima; poi semifinali e finali. Nel gruppo 2 ci sono una sorprendente Algeria trascinata da Rabah Madjer, il Cile, la Germania e l’Austria. All’ultima giornata la fortissima Germania Ovest vince una non partita con l’Austria, estromettendo così l’Algeria. La partita finì 1 a 0, ma in realtà fu una combine clamorosa, passata alla storia come la vergogna di Gijon: la Germania vince e si accontenta di passare come seconda. L’Austria pur perdendo passa come prima in un trionfo di melina e fischi assordanti. L’Algeria torna, truffata, a casa. Nel gruppo 3 Belgio e Argentina liquidano Ungheria e El Salvador: da ricordare il 10 a 1 dei magiari sulla nazionale centroamericana nella quale milita Jorge Alberto González Barillas, detto Magico Gonzalez (su segnalazione puntuale degli amici di Lacrime di Borghetti). Nel gruppo 4 Inghilterra e Francia regolano la Cecoslovacchia e il Kuwait. La Cecoslovacchia ebbe 2 rigori a favore: trasformati impeccabilmente da Panenka, non sto a spiegarvi chi è, e comunque furono gli unici 2 gol del mondiale per tale nazione. Nel gruppo 5 exploit dell’Irlanda del Nord, che passa a braccetto con la padrona di casa, estromettendo la Jugoslavia e l’Honduras. Nel gruppo 6, calcio bailado per il Brasile e splendida URSS in casacca rossa con la scritta CCCP: nulla da fare per Scozia e Nuova Zelanda. L’URSS è capitanata da Oleg Blochin, ala sinistra, gelido, sguardo trasparente e talento cristallino. In porta Dasaev: dicono sia il nuovo Yashin.

Oleg Blochin in azione

Il Brasile? Lo vedremo. Nel gruppo 1 ci siamo noi, l’Italia, tre partite mediocri, tre pareggi con Polonia, Perù e Camerun. Passeremo per secondi dietro alla Polonia di Boniek. Siamo lenti, impacciati, bersagliati da critiche feroci. Dopo il pareggio iniziale con la Polonia non riusciamo a battere Perù e Camerun. Il Commissario Tecnico Enzo Bearzot, il “vecio” viene criticato per non aver convocato Beccalossi e Pruzzo, viene indicato come tecnico catenacciaro e non convincono le sue scelte tecniche votate alla difesa ad oltranza e alle ripartenze in contropiede. Il centravanti titolare, tale Rossi Paolo, nome da italiano medio, viene da 2 anni di squalifica per essere stato coinvolto nel caso calcio-scommesse del 1980 (eh si per vincere i mondiali deve scoppiare prima qualche casino), è senza tre menischi, è pallido e smagrito. Viene sottoposto a elettrostimolazione ma non sembra in grado di reggere il peso dell’attacco italiano: insomma tira davvero una brutta aria. Il resto della squadra non sta girando al massimo; giochiamo con Zoff in porta, la stampa lo definisce oramai un ex giocatore a causa dell’età; Gentile, Collovati, Scirea e Cabrini in difesa; Conti, Tardelli, Oriali e Antognoni a centrocampo e Graziani e Rossi in attacco. Non sarebbe nemmeno una brutta squadra ma proprio non ingraniamo. Adesso però il riscaldamento è finito, adesso serve un primo tempo magistrale, impeccabile; per dimostrare al mondo che l’Italia non è “carne da cannone” come scrive El Pais.

Primo Tempo

La seconda fase del mondiale vede impegnate 3 squadre in 4 gironi: la vincente del girone passa alle semifinali. Si qualificano la Polonia di Boniek, la sempre più candidata alla vittoria Germania Ovest, la Francia di Platini, Tigana e Giresse. Ma sicuramente lo spettacolo maggiore si vide al Sarrià di Barcellona: gruppo C con Italia, Argentina e Brasile. Insomma non ce la faremo mai. E invece così titolano i giornali italiani il 30 giugno dopo la partita contro l’Argentina: “Trionfo”, “Ruggito Azzurro”, “La Vittoria più bella”, “L’Italia in festa”, “Maradona non fa miracoli, Gentile si”. Italia-Argentina 2 a 1. Tardelli e Cabrini per noi, Passarella su punizione per loro, dopo aver rifilato una gomitata ad Antognoni, suo futuro capitano nella Fiorentina. La svolta tattica è stata piazzare il nostro Gheddafi sul loro numero 10, Diego Armando Maradona; il bell’Antonio su Bertoni e Collovati su Diaz. E poi via di contropiede.

Claudio Gentile gioca nella Juventus, è nato a Tripoli, per questo è soprannominato Gheddafi, e non gli manca l’aria torva. Si narra che nei giorni precedenti la partita, si avvicinò a Bearzot per rispondere alla domanda che tutti gli italiani si stavano facendo ovvero: “Chi marca Maradona?”, e lui flemmatico rispose “Mister, Maradona lo marco io”. Gentile non marca Maradona, è la sua ombra, la sua maglia sudata, lo segue ovunque, lo stordisce di colpi e falli, lo innervosisce, lo cerca con la bava alla bocca. Lo guarda torvo e lo sfida. Lo spegne come un mozzicone di sigaretta. El pibe de oro si rifarà comunque 4 anni dopo, con gli interessi. Gianni Brera, su Repubblica scrive che se l’Italia batterà il Brasile prenderà parte come flagellante alla processione di San Bartolomeo, il giorno della sagra d’agosto, al suo paese, San Zenone Po.

Insomma l’Italia inizia a crederci, ma prima dobbiamo giocare con il Brasile, che intanto ha schiantato 3 a 1 l’Argentina, che saluta mestamente il Mundial. Ma per capire il terrore che gela gli italiani in quella calda estate spagnola, quando realizzano che adesso toccherà vedersela con il Brasile, occorre spiegare che cosa è il calcio brasiliano in quegli anni. Il calcio brasiliano dei primi anni Ottanta è una favola da raccontare la sera ai bambini, perché sognino solo cose belle. Flamengo, Botafogo, Palmeiras, Vasco da Gama, sembrano nomi di romantiche danze e anche i giocatori hanno nomi lunghi, musicali, da fumetto: Sócrates Brasileiro Sampaio de Souza Vieira de Oliveira, Arthur Antunes Coimbra, Paulo Roberto Falcão, Éder Aleixo de Assis, Leovegildo Lins da Gama Júnior, Antônio Carlos Cerezo. Socrates, Zico, Falcao, Eder, Junior, Cerezo; ci riempiamo la bocca con quei nomi, il Brasile è una delle squadre più belle di tutti i tempi, giocano divinamente, anzi no, non si limitano a giocare, ma sfidano gli dei e ballano una musica che nessun altro sente, se non loro. Il gol del pareggio di Socrates né è la prova terrena: il numero 8 porta palla da centrocampo, verticalizza per Zico, che fa una magia e riverticalizza per Socrates inseritosi nello spazio: tiro-rete. Semplice come il Samba a Salvador di Bahia.

Si, danzano, letteralmente, e lo fanno con una semplicità incredibile. Ma quella partita sarà decisa dal giocatore con il nome da italiano medio: Paolo Rossi. Il maltrattato Pablito ne fa tre e battiamo il Brasile per 3 a 2. A volte nel calcio i sogni si confondono con la realtà. Diventano meravigliosi sogni di mezza estate. E adesso, Paolo Rossi è l’idolo di una nazione intera, e Bergomi, il giovanotto con i baffoni, il futuro radioso. Il primo tempo azzurro è stato da incorniciare. Per i brasiliani è l’addio al Mondiale in una giornata che sarà ricordata in Brasile come “La Tragedia del Sarrià”. 

…continua

Lo Stadio Sarrià di Barcellona

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Francesco Salvi
Da 35 anni appassionato di gesta sportive a 360°, fin da bambino ho praticato diversi sport, ma con scarsi risultati: calcio a livello agonistico, tennis, sci e l’odiatissimo nuoto. Il mio sangue è al 50% genovese, al 10% marchigiano e al 40% sampdoriano. Ho un debole per il divano di casa mia dal quale seguo indifferentemente qualsiasi competizione sportiva venga trasmessa in tv. Anche perché dal divano: “questo lo facevo anch’ io”. Sportivamente vorrei possedere: l’eleganza di Federer, la follia geniale di Maradona, il fisico di Parisse, la potenza di Tomba, l’agilità di Pantani, il romanticismo di Baggio e la classe di Mancini. Ma è impossibile, quindi rimango seduto.
Francesco Salvi

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3 commenti

    • Francesco Salvi
      Francesco Salvi
      Author

      Grazie del sostegno costante. L’impegno c’è da parte di tutti e voi siete sempre attenti lettori. Noi proviamo tutti insieme a fare del nostro meglio.

  1. Sir Indigo Moog

    Bello.
    Il gol di Tardelli all’ Argentina è la realizzazione pratica del calcio italiano (non all’italiana) al suo meglio.

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