Sadica eccitazione

Come ogni mattina chiudo la portiera, spingo sul freno (cambio automatico), giro la chiave e la macchina parte: al primo semaforo estraggo il frontalino dell’autoradio, lo inserisco e ascolto un po’ di musica. In venti minuti sono a destinazione. Sono proprio quei venti minuti che mi servono per attivarmi e prepararmi alla giornata: le scadenze a lavoro, i clienti, le bollette, la spesa, il Tour de France… IL TOUR DE FRANCE!

Marcel Kittel vince la prima tappa del Tour 2014, partito dallo Yorkshire, e riceve la maglia dalla Famiglia Reale

L’appuntamento francese è notoriamente il fulcro del calendario ciclistico mondiale, qualifica giustificabile anche solo con il fatto che si tratti dell’evento sportivo più seguito universalmente dopo Olimpiadi e Mondiali di Calcio. Difficile fare paragoni con il Giro d’Italia: sono due corse diversissime. La più avvincente è la corsa italiana, se vogliamo anche più divertente ed imprevedibile essendo soggetta a cambiamenti climatici e prestandosi a strategie di corsa più fantasiose ed istintive.
Il Tour è l’evento più importante, più seguito, più estremo: alla corsa francese si presentano tutti al massimo della forma, dai favoriti ai meno famosi. Il caldo dell’estate transalpina ed il prestigio della manifestazione rendono impossibile anche solo tenere le ruote del gruppo a chi non è al 100%.

Il Tour de France è un gruppo scatenato di duecento corridori fra due ali di folla, quando per folla si intendono anche uno o due milioni di spettatori (ovviamente e giustamente non paganti) lungo il percorso. Più quelli collegati dai 190 paesi che ricevono il segnale tv in diretta. Il mondo.

Il periodo estivo e la risonanza dell’evento fanno sì che il Tour de France sia seguito da una immensa cornice di pubblico lungo ogni metro del percorso.

Sotto gli occhi del mondo ci sono i migliori corridori del mondo: Froome, Contador, Nibali. Ma anche Valverde, Joaquim Rodriguez detto Purito e velocisti del calibro di Cavendish, Kittel. Sotto gli occhi del mondo ogni tappa è intensa e massacrante e può essere decisiva: velocità sempre sostenuta, corridori sempre gomito a gomito, grinta ai massimi livelli. Chi si distrae cade, chi non ha gambe (e perde lucidità) cade, chi non corre nelle prime posizioni cade. Sono venti giorni di supplizio che da Leeds (anche il Tour ha partenza anglosassone, nello Yorkshire) portano a Parigi.


EN – Summary – Stage 1 (Leeds > Harrogate) di tourdefrance

In nome dello spettacolo questa edizione prevede pure il pavé: vi ricordate il pavé, il dolore? Ricordate quei tifosi pazzi che sono i fiamminghi? Bene, la quinta tappa si disputerà sulle pietre della Parigi Roubaix, il che significa inferno: significa che i favoriti dovranno giocarsi le carte migliori già il quinto giorno, nella violenza dei sassi che hanno fatto la storia delle classiche. Froome, Contador e Nibali rischiano seriamente di compromettere la loro lotta per la maglia gialla già alla quinta tappa: sarà una lotta incredibile per mantenere le prime posizioni  e se possibile addirittura guadagnare terreno sui rivali diretti. Ci saranno brutte cadute e strascichi polemici. Ma si tratta del Tour de France, e nessuno batterà ciglio.

A questa sadica eccitazione si mischiano l’emozione e l’attesa per Nibali: Vincenzo è davvero uno dei pretendenti alla vittoria finale o almeno al podio. I giudizi su di lui sono spesso contrastanti: chi lo giudica un grande campione, chi un incompiuto, chi un sopravvalutato. Ha vinto un Giro d’Italia ed una Vuelta di Spagna, due Tirreno-Adriatico e una manciata di tappe e semiclassiche qua e là. E’ arrivato secondo a Liegi. Manca il Tour, ok, ma il corridore è di qualità ed aggiungo (opinione personale) che se avesse voluto ascoltare le voci di chi lo vuole vincente sempre ed ovunque, probabilmente sarebbe finito bruciato dalle pressioni e dai carichi di lavoro, o peggio sarebbe finito positivo all’antidoping. Vincenzo invece sa cosa può fare, cosa vuole fare e sa come programmarlo: non ha avuto paura di impostare la sua preparazione esclusivamente in funzione del Tour ed ha retto alle critiche di quelli che lo hanno crocifisso per non aver vinto fino al campionato italiano.

Vincenzo Nibali è da pochi giorni il Campione Italiano in carica e porterà per un anno il simbolo tricolore sulla maglia

Il campione deve tapparsi le orecchie ed ascoltare le sue voci senza farsi distrarre dal mondo intorno a lui. Nibali ha guardato i suoi rivali scannarsi al Delfinato e mentre loro cercavano conferme lui si manteneva concentrato, senza andare fuori giri, senza sprecare un solo battito del suo cuore. E’ stato in montagna e poi ha vinto il titolo nazionale: andrà in Francia con la maglia tricolore e non si risparmierà. Ha dichiarato ai giornalisti che attaccherà in salita, in discesa ed ovunque ci sarà modo. Attaccherà per recuperare terreno o per consolidare un vantaggio, di certo non mancherà di farci emozionare. Alla strada il compito di consacrarlo all’inferno o al paradiso.

P.s.: nel frattempo la prima tappa ha portato i corridori da Leeds ad Harrogate in una cornice di pubblico difficile da descrivere a parole. Jens Voigt, pirata tedesco di 43 anni, ha dato tutto già dal primo giorno, con una fuga folle ed insensata, consapevole di dover vivere ogni chilometro di questo suo ultimo Tour de France. Per lui una storica maglia a Pois ed uno degli ultimi maestosi ruggiti. La tappa l’avrebbe voluta vincere Mark Cavendish, che ha spinto con il cuore e con le gambe: però ha spinto anche l’australiano Gerrans e sono finiti per terra.

Tappa quindi al solito Kittel, bello e vincente, impeccabile negli sprint che contano: la Maglia Gialla la riceve lui dalla Principessa Kate. Scontato definirla una vittoria regale.

Jens Voigt, tedesco, onora la sua ultima partecipazione al Tour de France vestendo la prima Maglia a Pois di miglior scalatore. Ha 43 anni, cinque figli e a fine stagione chiuderà una lunghissima carriera.

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Davide Podesta
Nell’agosto 1997 ho acceso la tv ed invece dei cartoni ho trovato la Classica di San Sebastian. Da quel giorno è stato solo ciclismo, pedalato, gareggiato e raccontato ma soprattutto vissuto. Per me non è metafora di vita, è l’essenza: un amore incondizionato e puro, critico e consapevole ma neppur minimamente deteriorabile. Se leggo la Gazzetta in un bar lascio aperta la pagina del ciclismo affinché qualcuno la legga, se la discussione finisce sull’argomento state certi che metterò il cuore sul tavolo. Trasgredisco solo per le Olimpiadi, sia estive che invernali e detesto ogni critica che non sia costruttiva, soprattutto quelle di chi non accetta il passare degli anni. Suoi e degli altri.
Davide Podesta

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