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Mestiere ciclista: micro guida per i neofiti

La recente notizia dell’espulsione di Nibali dalla Vuelta di Spagna ha suscitato un notevole scalpore: come è possibile che un campione del genere possa commettere una tale leggerezza?
Proverò in maniera più chiara possibile a spiegare qualche piccolo “segreto” del mestiere del ciclista, usi e costumi magari un po’ al limite del regolamento che difficilmente si vedono tv. La giuria, che cambia ad ogni corsa, ha la facoltà di sanzionare questi comportamenti, tuttavia nel novanta per cento dei casi non avviene perché raramente i corridori si avvalgono dei trucchi del mestiere quando sono in testa a giocarsi la corsa. E’ molto più frequente, se non addirittura abitudine, che siano i gregari o i corridori in difficoltà con il tempo massimo per via di una caduta, un malanno fisico o un incidente meccanico ad usufruire di aiuto esterno per ricongiungersi al gruppo da cui hanno perso contatto. Anche i velocisti più pesanti durante le corse a tappe sfruttano questi trucchetti per non finire fuori dal tempo massimo e quindi poter restare in corsa anche il giorno dopo.

L’infrazione commessa da Nibali si chiama traino e si verifica quando un ciclista si attacca alla sua ammiraglia, ricevendo una spinta e quindi un vantaggio: solitamente i corridori si fanno aiutare dalle automobili dopo le cadute o gli incidenti meccanici, accostandosi al lato della macchina e lasciando che sia il meccanico a spingere la bici con una mano, mentre con l’altra effettua piccole regolazioni sulla bicicletta. In genere l’addetto interviene sulla centratura del freno posteriore oppure del cambio in modo da avere una posizione tale da giustificare la spinta sul didietro del ciclista. La spinta si prolunga fino a che il corridore non è tornato nella coda delle altre ammiraglie che seguono il gruppo: a quel punto saranno le vetture delle altre squadre a concedere le loro scie, facilitando il rientro in gruppo dell’atleta. A norma di regolamento il concorrente non è sanzionabile fino a che il suo staff sta intervenendo sulla manutenzione della bici, così come difficilmente viene punita la fruizione della scia di una macchina di un altra squadra. Gli anglosassoni lo chiamano fair play, i latini solidarietà. Il campione italiano è stato espulso per essersi avvantaggiato sul gruppo di cui faceva parte sfruttando “il mestiere”.

Se si sfrutta la scia della propria macchina o di una moto per avvantaggiarsi, si viene puniti per l’infrazione “scia prolungata”: solitamente i corridori quando si avvantaggiano durante uno scatto cercano di accodarsi ad una moto, magari di un fotografo o di un cameraman che cerca per necessità di stare il più possibile vicino agli atleti. Si può notare questo quando i ciclisti cambiano repentinamente lato della strada: il beneficio dura pochi secondi ma fa parecchio piacere. Come fa piacere prendere un po’ di spinta dalla mano del direttore sportivo quando si prende una borraccia (si chiama retro-poussé).

Diverso è il discorso in Belgio e Olanda, dove il vento è sempre molto forte e non è raro che qualche motociclista dell’organizzazione particolarmente appassionato (o conosciuto) fornisca furbescamente un po’ di riparo in più ai corridori di casa: vince il beniamino della zona e sono contenti tifosi, giornalisti e sponsor. Ma è abbastanza scorretto. Il fiammingo Nico Mattan è passato goffamente alla storia per aver vinto una Gand Wevelgem grazie all’aiuto di una moto “amica” senza essere squalificato per mancanza di immagini della tv.
Non è raro che i ciclisti all’inseguimento si sbraccino vistosamente per far allontanare le moto e non concedere troppo vantaggio agli attaccanti.

Il momento più difficile in cui rientrare è quando il gruppo procede a gran velocità in pianura, tanto che al Tour de France anche ambulanze e staffette della polizia aiutano senza risparmiarsi i ciclisti attardati: senza questi aiuti sarebbe impossibile per qualunque corridore restare in corsa in caso di incidente e la competizione perderebbe in poco tempo i suoi attori e  tutti quanti, a partire dai tifosi, perderebbero gran parte dello spettacolo.

Tour de France - Stage 14

Per il pubblico e per gli organizzatori è sempre molto gratificante veder vincere il campione del momento o un corridore di casa, ma ovviamente questi non sempre è il più forte in assoluto oppure le tattiche di corsa non lo permettono: in molti casi non è raro che siano i ciclisti stessi, consapevoli della situazione, a “facilitare” l’andamento della corsa con qualche accordo più o meno palese.
Il caso più limpido si verifica nelle corse a tappe quando due corridori si trovano in testa alla corsa con in palio sia la vittoria parziale che la classifica generale: in questo caso si collabora entrambi senza risparmiarsi, lasciando la corsa all’attaccante di giornata e la maglia di leader al migliore in classifica. Ambedue le squadre raggiungono un obiettivo importante e dal giorno dopo i gregari delle loro formazioni collaborano in appoggio al leader della corsa. Nel 1998 a Selva di Val Gardena Pantani lasciò la vittoria di tappa a Guerini in cambio della sua collaborazione nell’attacco a Zulle e Tonkov, vestendo così la maglia rosa, mentre Indurain era solito lasciar vincere i suoi compagni di fuga purché collaborassero attivamente all’azione.
Se invece si vede un ciclista aiutare un compagno di fuga senza motivo, in realtà il motivo c’è: non è usanza diffusa (anche se Vinokourov lo fece ad una Liegi) offrire compensi in denaro ad un avversario per “addolcirgli” il secondo posto, tuttavia dietro ad aiuti un po’ troppo palesi ci sono spesso movimenti di mercato. Durante la famosa tappa del pavé al Tour 2014, Lars Boom vinse la tappa trascinandosi letteralmente a ruota Nibali pur essendo di squadre diverse: grazie a questa mossa Boom è passato nel 2015 alla squadra di Nibali e probabilmente l’ingaggio è stato ritoccato all’insù.

Morale della favola vince sempre il migliore, ma tante volte il migliore deve esserlo anche in furbizia e diplomazia: chi ha corso in bicicletta a buoni livelli oppure chi è un appassionato di lunga data apprezza i movimenti di cui abbiamo parlato e li considera chicche divertenti da conoscere o svelare agli amici meno esperti. Chi viene da altri sporti oppure ha mentalità più integraliste magari si scandalizza, ma in genere vince il buon senso e sia mia mamma che la mia fidanzata, che in bici non hanno mai corso, commentano questi episodi con un sorriso di assenso, come più o meno la maggioranza degli appassionati occasionali.
Per chiudere con un pizzico di ironia, invitiamo tutti ad assistere ad un criterium: sono corse ad ingaggio ed in genere si svolgono dopo i grandi giri, dove (tutti lo sanno ma nessuno lo dice) la classifica è decisa a tavolino perché i partecipanti più forti e famosi ricevono il compenso in base alla partecipazione e non al risultato. Si corre in circuito e lo spettacolo è assicurato. Nel mio amato Belgio per vedere queste corse si paga il biglietto e il botteghino fa sempre sold out.

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Davide Podesta
Nell’agosto 1997 ho acceso la tv ed invece dei cartoni ho trovato la Classica di San Sebastian. Da quel giorno è stato solo ciclismo, pedalato, gareggiato e raccontato ma soprattutto vissuto. Per me non è metafora di vita, è l’essenza: un amore incondizionato e puro, critico e consapevole ma neppur minimamente deteriorabile. Se leggo la Gazzetta in un bar lascio aperta la pagina del ciclismo affinché qualcuno la legga, se la discussione finisce sull’argomento state certi che metterò il cuore sul tavolo. Trasgredisco solo per le Olimpiadi, sia estive che invernali e detesto ogni critica che non sia costruttiva, soprattutto quelle di chi non accetta il passare degli anni. Suoi e degli altri.
Davide Podesta

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