Per amore di Jacques

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Per capire Anquetil occorre conoscere Maupassant: è dalla storia di Palla di Sego, secondo la leggenda nonna di Jacques, che prende vita una delle parabole più affascinanti, folli ed irripetibili del firmamento dello sport di tutti i tempi. Palla di Sego (ambientato nel 1880, in francese Boule de Suif) è la novella di una prostituta che fugge da Rouen e dai prussiani e proprio concedendosi ad uno di loro salva vita e futuro ai suoi compagni di esodo. Proprio da quello sciagurato incontro ai limiti dello stupro discenderanno quegli occhi di ghiaccio e quei capelli biondi, inusuali per un normanno, tratto distintivo ed arma letale di Jacques Anquetil.

Jacques Anquetil nasce a Mont Saint Agnan (Rouen, Normandia) l’otto gennaio 1934: figlio di agricoltori, vive una vita pressoché normale fino ai diciassette anni, quando scopre le corse in bicicletta. L’anno seguente è già campione nazionale, a diciannove fa il suo esordio nel GP delle Nazioni: bisogna sapere che nel ciclismo di una volta le prove a cronometro erano considerate la forma più pura e nobile di competizione, dove strategie ed alleanze non potevano in nessun modo alterare i valori in campo. Il Gran Premio delle Nazioni era lungo 140 km ed era la prova regina di tutta una stagione: Anquetil vinse al primo tentativo con sei minuti di vantaggio sul secondo.Facile quindi prevedere un futuro roseo per il giovane Jacques, che in breve tempo diventa professionista: fuoriclasse, lo era dalla nascita. Fuoriclasse significa presentarsi al primo ritiro stagionale con quasi un giorno di ritardo dopo aver guidato una notte intera, arrivare mentre gli altri si vestono per l’allenamento, ordinare frutti di mare e champagne, saltare in bici all’ultimo momento e staccarli tutti dopo pochi chilometri.

Anquetil vive sul limite di un suo inimitabile equilibrio: stilisticamente perfetto in bicicletta, rifiuta con forza le imposizioni della vita monacale tipica del ciclista e confina la sofferenza nello stretto tempo necessario della corsa. Attacca il giusto, si difende con metodo e vince senza umiliare guadagnandosi l’appellativo di Maestro Jacques: ha un pensiero per tutti, spartisce gli ingaggi, contribuisce allo spettacolo. Anquetil non fa parte del circo, lui ne è il padrone.

Giù dalla sella è capace di qualunque cosa: una sera incrociò lo sguardo di Eddy Merckx e il Cannibale accettò al volo la sfida. Whiskey e poker, fino alle sei del mattino. Guai ad addormentarsi, guai a perdere lucidità.
Jacques è capace di mettere in ginocchio il mondo con una sola occhiata, tanto che il servizio militare gli viene praticamente abbuonato: può portarsi la bicicletta ovunque, non ha orari ne’ limiti di alcun tipo. Addirittura gareggia e ovviamente vince.

Un tipo così non può che avere una fila di donne adoranti al suo cospetto, infatti è così. Jacques però è un tipo particolare e non si accontenta di una tifosa in delirio: vuole Jeanine, la moglie del suo medico, sei anni più grande di lui. Jeanine è bionda, bellissima, intelligente, simpatica e madre di due figli piccoli, Annie e Alain che stravedono per lui, come del resto il mondo intero. Seppure sedotta dal carisma di Jacques, Jeanine non cede e tende a minimizzare gli episodi nei quali i due si sono avvicinati, cercando di salvare la situazione familiare. Poi Jacques si presenta in Costa Azzurra e posteggia un furgoncino sotto l’abitazione presso la quale Jeanine è in villeggiatura: con una scusa la fa scendere e la rapisce.
Guida come un pazzo fino a Rouen, nel cuore della notte: non si separeranno più.

Jeanine e Jacques diventano un tutt’uno, Jacques diventa qualcosa di più: vince cinque Tour de France, due Giri e una Vuelta, una Liegi, una Gand e una Bordeaux Parigi. Vince cinque volte la Parigi Nizza e nove Gran Premi delle Nazioni.
Anquetil vince tutto questo senza mai conformarsi allo stereotipo del ciclista: passa le sue notti giocando a poker o guidando a folle velocità, mangia come se non ci fosse un domani e beve ancora di più. Si giustifica, o meglio, si racconta spiegando ai suoi interlocutori che la bicicletta gli procura abbastanza sofferenze e non è il caso di accollarsene altre. Lui si rilassa così, come quando al Vigorelli tenta di battere il record dell’ora di Fausto Coppi, senza riuscirci ne’ al primo ne’ al secondo tentativo: mentre la stampa scrive del suo insuccesso lui prende la macchina e si rifugia in un locale notturno di Como. Beve, fuma e probabilmente non si ferma a quello, poi dorme due ore e l’indomani il record è suo. Jacques Anquetil, signore e signori. In tutta questa follia, riesce a non perdere mai la faccia: nessuno che lo abbia visto alterato dall’alcool, mai sentito un colpo di tosse ne’ un problema intestinale. Al mattino sempre puntuale.

Il Castello degli Elfi, residenza di Jacques Anquetil.

De Gaulle stravede per lui e per la prima volta un presidente francese scende a bordo strada per applaudire il Tour de France: è su tutti i giornali, tutti lo conoscono e parlano di lui. Quando non corre si ritira nel suo castello nei pressi di Rouen conosciuto come il Castello degli Elfi, per maestosità e stile architettonico.
Controlla tutto e tutti, di ogni cosa tesse i fili: gli organizzatori del GP di Lugano gli offrono un lauto compenso per non partecipare, lui contratta ed ottiene il doppio per schierarsi al via con la promessa di arrivare secondo lasciando vincere Ercole Baldini. Si presenta alla partenza, non prima di aver ritoccato l’ingaggio ancora un po’ al rialzo e promette all’ignaro Baldini di lasciarlo vincere in cambio del suo gettone, che esige in anticipo. Baldini accetta, Anquetil vincerà lo stesso portandosi a casa cinque volte il suo normale guadagno. Ancora oggi, Baldini racconta questo episodio senza nascondere la sua ammirazione.

La carriera finisce ed il ruolo di tecnico all’interno della nazionale francese non impedisce a Jacques di godersi il suo meritato riposo insieme alla sua famiglia presso la residenza degli Elfi: Jacques ha trentotto anni, Jeanine è diventata sua moglie ed è l’adorato patrigno di Annie ed Alain. Tutto questo però non gli basta, vuole un figlio naturale ma Jeanine non può, ha subito un intervento irreversibile anni prima: l’idea all’inizio lo accompagna, poi lo tormenta. Non ce la fa più. Non ce la fa più neppure Jeanine, che di Jacques è innamorata alla follia: per non perderlo, gli promette il letto della figlia, Annie, non appena questa avrà compiuto i diciotto anni. Il concetto è contorto da raccontare,figuratevi viverlo.

Annie acconsente: nasce Sophie ed il ménage a trois va avanti per quasi dieci anni, finché il castello familiare crolla. Non crolla però il castello degli Elfi, dal quale se ne vanno tutti tranne Jacques, ma non solo: c’è anche Dominique, moglie di Alain, figliastro di Anquetil. Il sultano non rinuncia al suo potere e si prende la più giovane e bella del suo bizzarro clan, Dominique appunto, che lascia Alain e cade fra le braccia del campione, rapita dagli occhi di ghiaccio e da un carisma che non accenna a spegnersi. Nasce Christopher, è il 1986.

Nel giro di un anno tuttavia dal Castello degli Elfi se ne va anche Jacques, questa volta per sempre, per mano di un cancro. Non rinuncia a nulla neppure dopo l’asportazione di parte dello stomaco, fino all’ultimo si mostra forte. Pochi giorni prima di morire riceve la visita del suo grande rivale nonché amico, Raymond Poulidor, che mai in carriera era riuscito a batterlo: “Arrivi secondo anche questa volta” gli sussurra con un filo di voce.

Anquetil e Poulidor.

Muore nella sua Rouen il 18 novembre 1987, attorniato da tutti i suoi affetti.

La moglie Jeanine, la figliastra Annie e la figlia di quest’ultima, Sophie, oggi vivono in Corsica l’una vicino all’altra accomunate da una storia completamente folle e dall’amore per quell’uomo che ha fatto della sua vita sempre e solo ciò che ha voluto: è stata proprio Sophie nel 2004 a raccontare tutto nel libro “Per amore di Jacques”.

“Sono stata una bambina con due madri, una di loro era figlia dell’altra, e per 15 anni le mie due mamme hanno vissuto sotto lo stesso tetto e papà su due letti” – racconta Sophie, parlando della sua origine, con l’incanto dell’amore verso il padre, non con l’odio o il risentimento che si potrebbe considerare legittimo o plausibile, nell’evidenza che poi saprà narrare. “Papà Jacques – prosegue – era un uomo capace di ammaliare come nessuno, aveva un fascino magnetico che circoscriveva il cuore delle donne, era una fortuna averlo conquistato”.  Sophie Anquetil.

Bibliografia

  • Paul Howard,”Sex, lies and handlebar tape. The remarkable life of Jacques Anquetil”, Mainstream, 2011
  • Rino Negri, “La storia di Ercole Baldini”, Edizioni Ciclofer, 2000
  • Sophie Anquetil, “Pour l’amour de Jacques”, Grasset, 2004

Liberamente ispirato da “Le cronache Gialle”, Alessandra De Stefano, 2013

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Davide Podesta
Nell’agosto 1997 ho acceso la tv ed invece dei cartoni ho trovato la Classica di San Sebastian. Da quel giorno è stato solo ciclismo, pedalato, gareggiato e raccontato ma soprattutto vissuto. Per me non è metafora di vita, è l’essenza: un amore incondizionato e puro, critico e consapevole ma neppur minimamente deteriorabile. Se leggo la Gazzetta in un bar lascio aperta la pagina del ciclismo affinché qualcuno la legga, se la discussione finisce sull’argomento state certi che metterò il cuore sul tavolo. Trasgredisco solo per le Olimpiadi, sia estive che invernali e detesto ogni critica che non sia costruttiva, soprattutto quelle di chi non accetta il passare degli anni. Suoi e degli altri.
Davide Podesta

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