Una mattina mi presentai all’asilo con una bella polo rosa: ero l’ultimo arrivato e pure cicciottello, Andrea e Luca impiegarono un attimo a dirmi che era un colore da femmina e farmi sprofondare nella vergogna. Mio papà non era altissimo ma lo vedevo enorme nella sua polo gialla, così come ricordo la naturalezza con la quale il pomeriggio mi spiegò che nel pianeta dei grandi i migliori ciclisti del mondo mettevano una maglia rosa ed una maglia gialla e quei colori erano il premio più bello che uno sportivo potesse desiderare. Mi disse anche che io ero uno sportivo e che quindi non mi sarei dovuto preoccupare di quello che pensavano quei due. Era davvero la cosa più semplice del mondo.
Non lo ricordo fare il tifo per qualcuno in particolare, so solo che senza grandi giri di parole o gesti eclatanti ti faceva capire cosa fosse per lui lo sport: bastava guardare quei suoi occhi vispi che trasudavano ammirazione e profondo rispetto per gli uomini e le donne di qualunque squadra, disciplina e nazionalità che indossavano una divisa e partecipavano ad una competizione. Amava i grandi di un amore puro, si esaltava per le loro vittorie, le loro storie e le loro bizzarrie, senza distinzione. Amava la bellezza dell’esecuzione e la sicurezza di quei gesti spesso apparentemente folli. La sfida alle capacità comuni, i limiti abbattuti: Senna, Villeneuve, Tomba, Pantani e Valentino Rossi, classe cristallina con discrete dosi di sregolatezza. Amava lo spettacolo ma anche la fatica: sembrava innamorato di Stefania Belmondo, vedere quello scricciolo vincere in un mare di sofferenza lo faceva quasi commuovere. Fatico a ricordarlo urlare così forte come quando Bettini ha vinto le Olimpiadi.
Eh già, le Olimpiadi, con la loro sacralità ed il bisogno di fermare tutto per seguirle. Trasferirsi sul divano e accendere la televisione in cucina durante pranzo e cena. Era un mese di festa e si percepiva quanto fosse intimamente convinto che quello rappresentasse l’evento più importante del mondo, oltre lo sport, la politica ed ogni altra invenzione della nostra civiltà. Da piccolo non percepivo quanto fosse bella e vera la sua passione, anzi mi chiedevo come fosse possibile non schierarsi con nessuno: a scuola i miei compagni vincevano e perdevano attraverso i loro idoli e i loro papà discutevano animatamente nei bar e per la strada di quello che avrebbero o non avrebbero dovuto fare squadre e campioni. Mio papà invece amava le emozioni e si lasciava trasportare, chiunque fosse a trasmetterle: lui gioiva sempre e grazie a questo approccio, semplice solo all’apparenza, non doveva nemmeno preoccuparsi di giustificare una sconfitta. Non aveva nemmeno bisogno di provare invidia verso qualcuno.
Nonostante il pacchetto giornaliero di Marlboro era anche un discreto atleta, polivalente e sicuro di sé si distingueva soprattutto per le doti di guida del mezzo, qualunque esso fosse: lo rimandarono in quinta superiore e per punizione non gli permisero di diventare maestro di sci, un vero peccato. Così si inventò rallysta, riuscendo ad avere una macchina ufficiale intorno ai 25 anni, mi sembra una Ford ma non sono sicuro. I treni di gomme duravano un anno e si poteva ragionevolmente fare attività nei week end. Non era male neppure in bicicletta, tanto che Luciano Perfumo, un signore silenzioso che ha dispensato consigli preziosi a tanti ciclisti, osservandolo pedalare non si risparmiava mai dall’esclamare in genovese un deciso “Ti me paggi Cassani”. Quanto ne era orgoglioso!
Ripeteva che si impara sempre prima ad andare piano, poi quando si è capaci si può andare forte: sembrava riuscirgli tutto facile ma la realtà era che sotto c’era una base solida, e lui lo sapeva. Sapeva anche che, in un contesto più ampio, la base sono i ragazzini e così si è messo ad organizzare corse di bici, dalle gimkane fra i birilli fino alle tappe del Giro d’Italia ed ogni anno il Giro dell’Appennino. Passava più tempo ad organizzare questa corsa che a casa con noi, ma era una missione irrinunciabile e poco importa se non percepisse un centesimo. Quando lo sport diventa un valore è più forte di ogni cosa e quando lo si ama davvero, si fa la differenza.
Ogni anno il Giro dell’Appennino si ricorda di Lui ed il migliore fra i giovani riceve il Premio Massimo Podestà. L’hanno vinto Vincenzo Nibali e Chris Froome, la maglia rosa e la maglia gialla. I migliori ciclisti del mondo.
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raffaele
Ricordo, come fosse ieri, il piacere che provavo scambiando due chiacchiere con Lui, ogni volta che ci incontravamo…bei momenti
Francesco Salvi
Ciao Lele!
Grazie del tuo commento. In effetti erano proprio dei bei momenti quando si incontrava Massy.
maria elena
Sono chiaramente di parte…ma e’ un ritratto perfetto…dettato dall’ amore di un figlio…ma pura stupenda verita’…..grande Davide e grandissimo padre
zia concy ezio Davide
Commossi. Grande Massimo e grande Davide
claudia
questo blog e’ mitico…vi voglio bene…
Francesco Pedemonte
Grazie!
Francesco Salvi
Anche noi ve ne vogliamo!!! Grazie a tutti!
francesca parodi
Quello che tu scrivi, caro Davide, ti fa davvero onore!! Il ricordo che hai di tuo padre, ti da il coraggio di vincere tutte le tue battaglie. Sono sicura che da qualche parte dell’Universo lui ti dica: “pedala, pedala Davide che ce la farai, perchè tu sei il MIO CAMPIONE!!!!!!
Maurizio.ischia
Bravo…è tutto vero e detto da me e da tua madre con la quale ho dovuto dividermi il tempo….ricordo quando cercai di portarlo sulla sponda doriana…andammo a vedere unSampdoria-Cagliari nel 71 o 72 col mio bandierone blucerchiato e sul treno al ritorno dei tifosi avversari tirarono fuori i coltelli …..belin che fuga…ogni volta che ci vedevamo si ricordava sempre di questo episodio oppure quando…basta..ho le lacrime agli occhi e non vedo più la tastiera …