La libertà di correre

Miguel era uno sportivo. Miguel era argentino.
Di fronte alla sua porta, la notte tra l’8 e il 9 gennaio 1978, si fermò una Ford Falcon. Scese una banda paramilitare, varcò la soglia e lo sequestrò. A casa sua.
Gli bendarono gli occhi, lo caricarono sul mezzo e da quel momento non si seppe mai più nulla di lui.
Secondo www.desaparecidos.org, gli sportivi scomparsi in Argentina durante la dittatura tra il 1976 e il 1983 furono 32. La maggior parte rugbysti, dato che la palla ovale era connessa alla militanza universitaria; tra gli altri uno era calciatore, uno velista, uno tennista, uno giocatore di pallamano e uno insegnante di educazione fisica. Gli altri due furono corridori.
Miguel Benancio Sanchez amava l’atletica.
Miguel è uno dei 30 mila desaparecidos argentini.

Nato l’8 novembre 1952, a Bella Vista (provincia di Tucuman – Nord Argentina), famosa per la coltivazione della canna da zucchero, sin da bambino lavorò nei campi assieme a suo padre. Come ogni argentino, anche Miguel amava il calcio e non appena raggiunse i fratelli a Buenos Aires riuscì a farsi tesserare nel Gimnasia y Esgrima La Plata. Aveva 18 anni, faceva l’imbianchino e amava scrivere. Proprio annotando le sue impressioni sugli allenamenti della squadra, si accorse di essere un corridore. E dopo aver trovato posto fisso alla banca della Provincia di Buenos Aires, l’atletica lo conquistò definitivamente: abbandonò il fùtbol, dedicandosi totalmente alla corsa.
Tucu, questo il suo soprannome, era instancabile. Correva 3 ore al giorno: al mattino prima del lavoro e alla sera dopo l’ufficio. Lavoro, casa, corsa. Corsa, casa, lavoro. Tesserato per il Club Independiente, non saltava un allenamento. E proprio come il suo allenatore Osvaldo Suarez (che l’aveva vinta per ben 3 volte), aveva un sogno: partecipare alla San Silvestre di San Paolo del Brasile, una corsa affascinante, duro saliscendi tra le avenidas, con partenza a mezzanotte meno 10. La correrà 3 volte, l’ultima proprio il 31 dicembre 1977, giorno in cui venne pubblicata anche una sua poesia sulla Gazeta Esportiva di San Paolo: Para vos, atleta.

 

Para vos atleta
para vos que sabés del frío, de calor,
de triunfos y derrotas
para vos que tenés el cuerpo sano
el alma ancha y el corazón grande.
Para vos que tenés muchos amigos
muchos anhelos
la alegría adulta y la sonrisa de los niños.
Para vos que no sabés de hielos ni de soles
de lluvia ni rencores. la pioggia né i rancori.
Para vos, atleta Per te, atleta
que recorriste pueblos y ciudades
uniendo Estados con tu andar
Para vos, atleta
que desprecias la guerra y ansías la paz.

TRADUZIONE

Per te atleta
per te che sai il freddo, il caldo,
i trionfi e le sconfitte
per te che hai un corpo sano
l’anima grande e tanto cuore.
Per te che hai molti amici
molti desideri
l’allegria adulta e il sorriso dei bambini.
Per te che non sai il ghiaccio né i soli
Che corresti paesi e città
unendo gli stati con il tuo andare
Per te, atleta
che disprezzi la guerra e aneli alla pace.

 

Miguel era anche impegnato nella Gioventù Peronista, ma la sua militanza politica era poca cosa: troppo occupato tra casa, lavoro e sport. Dopo aver sostato in Uruguay, Miguel rientrò in Argentina il 7 gennaio 1978. Ventiquattr’ore dopo, il suo cane Adam abbaierà per l’ultima volta ad una Ford Falcon.
Ad oggi sua sorella Elvira non ha ancora nessuna notizia del fratello.

Diversi anni dopo, Valerio Piccioni, giornalista della Gazzetta dello sport, durante un viaggio in Argentina è venuto a conoscenza della storia di Miguel.
Dal 2000 la Corsa di Miguel, che si corre a Roma, Buenos Aires, Bariloche (Argentina), Barcellona, Stati Uniti e a L’Aquila dal 2009, è diventata un simbolo: non si corre per vincere o primeggiare, si corre per riaffermare che la libertà individuale è un diritto inalienabile.

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Chi sono? cosa faccio? dove vado? A tutte queste domande rispondo con un bel silenzio. Diciamo che lo psicodramma è il mio terreno preferito, altrimenti che genoano sarei?! Mi piacciono i piani ben riusciti ed è per questo che opero sempre in direzione contraria. Insomma ho una predilezione per gli sconfitti, i secondi e quelli che si sbattono. Per farla breve, per i gregari. Ahimè sono un romantico e quando vinco mi sento a disagio. Per questo sono sempre all’opposizione. Ci sono 4 cose che mi mandano in visibilio: la frazione a farfalla di Pankratov, l’eleganza di uno stop di petto, il culo di Franziska van Almsick e i tackle di Paul Ince. Per il resto bevo birra.

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