Personal Socrates

socrates

…sono abbastanza sicuro che Socrates preferirebbe l’anonimato, un’ assenza di immagini che lo rendesse simile a tutti gli altri lì intorno, perchè fino all’ultimo, fino a quando ha rifiutato di passare avanti a degli sconosciuti nella lista d’attesa per il trapianto di fegato, Socrates ha voluto essere proprio questo: un brasiliano come gli altri.

Un giorno triste così felice, Lorenzo Iervolino

Avrei voluto iniziare queste righe manifestando la mia insofferenza per il mito. La narrazione investita di sacralità non fa per me, soprattutto se l’oggetto del racconto è la realtà. Ho sempre l’impressione che l’azione, i fatti, la storia vengano banalizzati dal racconto mitico. Preferisco invece toccare con mano, leggere, vedere, capire e raccontare. Se poi l’argomento in questione è uno dei calciatori più grandi di sempre, dentro e fuori dal campo, capirete con facilità la mia ritrosia all’attitudine epica. Socrates non era uomo da magliette, immagini o auto-celebrazioni. Probabilmente è stata l’icona meno “pop” della storia del calcio, ma una delle più popolari ed amate. E il perchè è nella citazione con cui ho aperto questi pensieri: Socrates era un brasiliano. Come tutti gli altri.

Poi però ho pensato che il mito ha un potere comunicativo più forte della realtà, o meglio: è più duraturo. Smussa gli angoli, semplifica e crea un racconto che, per quanto possa essere verosimile, ha comunque il merito di perpetuare la memoria. E nell’epoca della diffusione istantanea, del tutto raggiungibile con un click, l’insofferenza per le magliette con la faccia del Magrao si è attenuata. Da illuso mi piace pensare che anche la “generazione Cristiano Ronaldo“, di fronte all’immagine di un uomo barbuto con la fascia attorno alla testa, possa domandarsi: “chi era costui?”.
Del resto la curiosità è la molla per il progresso. E io ci confido sempre.
Basta cliccare sulla voce Socrates di Wikipedia per scoprire una delle persone migliori che abbia mai calcato i campi di calcio. E ho utilizzato volutamente il termine persona, al posto di personaggio. Si, perchè Socrates era prima di tutto una persona, umana, in carne e ossa, con pregi, difetti e la forza di seguire sempre le proprie idee. Insomma, tutto fuorchè un personaggio, se con questo sostantivo si intende il calciatore medio attuale.
E alla fine mi sono persuaso: è giusto che il racconto della vita del Dottore avvenga in tanti modi, a ciascuno la libertà di scegliere quello che preferisce. L’importante è che la memoria prosegua e che il maggior numero di persone conosca chi è stato Sócrates Brasileiro Sampaio de Souza Vieira de Oliveira, le sue idee, i suoi colpi di tacco e quel che ha fatto per il Brasile.
Non sia mai che possa essere d’ispirazione.

Personalmente ho scelto la narrazione di Lorenzo Iervolino e le pagine di Un giorno triste così felice (ed. 66thand2nd): un oggetto narrativo che ha il ritmo del romanzo, la precisione del reportage e un ingrediente segreto. Non sono un critico letterario, quindi andrò dritto al punto: Iervolino crea un racconto a mosaico dove l’oggetto è Socrates, ma il protagonista è lui stesso. La vita di Socrates è raccontata tramite il viaggio, il reperimento delle fonti, mettendo assieme le tracce lasciate dal Magrao e amalgamando il tutto con un tocco di tenerissima intimità. Un giorno triste così felice è sì il racconto della vita di un grande uomo, ma è anche il resoconto di un brillante lavoro di ricerca, di una passione personale e della fatica per trasmetterla ad altri. Leggendo il libro pare di assistere alla ricostruzione di quel filo storico che lega l’autore e l’oggetto del suo lavoro. E per questo motivo ho intitolato queste righe Personal Socrates: perchè l’esistenza del Doutor emerge dall’esperienza diretta di chi racconta, da chi è stato nella casa del Magrao a Grassina (abitazione del numero 8 viola durante la stagione a Firenze) e da chi ha incontrato i suoi amici più stretti in Brasile. Ho apprezzato questo aspetto privato, questa nota tenera e umana che a volte il mito stenta a trasmettere. Mi si sono inumiditi gli occhi a leggere i ricordi socratici di Sebihno (massaggiatore del Botafogo), Fernando Kaxassa (regista), Roberto Sebastiao Bueno (cantore), Maurinho (ex-calciatore), Dede Cruz (musicista) e A (amica e moglie).
Ma non vorrei essere frainteso: il volume di Iervolino è un libro di calcio. Quindi poche storie: si racconta di futbol, di partite e di colpi di tacco. Dagli esordi al Botafogo, alle prime difficoltà nel Corinthians, fino alla conquista dei 2 scudetti e al trasferimento in viola. Capitolo a parte, invece, merita la Democracia Corintiana, esperienza unica in tutto il panorama calcistico e esperimento sociale che ha aperto le porte al dialogo democratico in Brasile.

Non sono bravo a raccontare un libro, soprattutto se durante la lettura mi sono appassionato. Per questo motivo ho deciso di non entrare nei particolari del racconto di Iervolino: storie, aneddoti, incontri, politica, partite, goal, sbronze preferisco vengano raccontati da chi ne sa più di me. Quel che è scritto in Un giorno triste così felice io non saprei scriverlo meglio, nè riuscirei a riassumerlo qui. Leggetelo e capirete.
Concludo quindi con la citazione di Socrates, riportata sulla quinta di copertina:

Hanno detto tante cose, ma la verità è soltanto una: io colpivo la palla di tacco per farvi innamorare

Buona lettura.

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Chi sono? cosa faccio? dove vado? A tutte queste domande rispondo con un bel silenzio. Diciamo che lo psicodramma è il mio terreno preferito, altrimenti che genoano sarei?! Mi piacciono i piani ben riusciti ed è per questo che opero sempre in direzione contraria. Insomma ho una predilezione per gli sconfitti, i secondi e quelli che si sbattono. Per farla breve, per i gregari. Ahimè sono un romantico e quando vinco mi sento a disagio. Per questo sono sempre all’opposizione. Ci sono 4 cose che mi mandano in visibilio: la frazione a farfalla di Pankratov, l’eleganza di uno stop di petto, il culo di Franziska van Almsick e i tackle di Paul Ince. Per il resto bevo birra.

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